domenica 19 settembre 2010

Strappava il cuore sentirti dire che ci avrebbero vaporizzati.

L'84 era passato e niente era cambiato. Noi avevamo atteso l'ecatombe e allora non morti guardammo il tempo con un distaccato disappunto. Tornare alla vita regolare è stato il vero attentato. Una cometa dentata pronta a trafiggerci. E con un sorriso pesto mi dicevi sovrappensiero. Come eravamo belli quel giorno quando è finito il mondo.

Spegnere la televisione. Comporre un numero a caso.

Asma. Bisogno di parlare. E di gridare che non è possibile. Avremo tempo per rimpatriare. Canzonare le stalattiti. Di stenderci come mutande per asciugarci. Per dedurre. Buttare ipotesi. Mille spasmi mentre crollano le bombe. Attenzione ai pirati della strada, ai cani randagi, alle carrozzine impazzite, alle vecchie donne dai sorrisi di plastica. La chiesa che è stata maledetta. Sugli scalini bere un po’ di vodka. Ma come siamo caduti così in basso. Il problema dei treni è che ritornano lasciandoci ai nostri drammi semitragici. m.

.


Come quando ci sfibravamo le vene disegnandoci sopra tratteggi improbabili.
I carteggi a senso unico. Ti ho amato così tanto che adesso sono un caso patologico. Assorbivo i discorsi. Mi lampeggiavano gli occhi. Semafori policentrici i tuoi cambi d’umore. Le espressioni improbabili, gli impegni inderogabili, le notti trascorse a farti da ombra, a proteggerti da tutti, da te stesso, perché di questo si trattava. M.

Erano giorni di violenza inaudita, il soffitto ci crollava addosso, la carta da parati si srotolava


fiori finti si sfaldavano dai muri- Piangevi quel verde morto, i cassetti stracolmi di punti interrogativi, riportati malamente su fogli formato A4. Abbiamo perso di vista il punto, l’ideale naufraga correttamente, seguendo il protocollo, sfibrandoti l'umore e le calze, amore mio.©